Le giuste gerarchie

Le giuste gerarchie

Gesù ci invita a analizzare l’importanza da attribuire agli aspetti della vita, facendo emergere ciò che conta in dimensione eterna.

«Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”».
(Dalla liturgia).

Al tempo di Gesù i capi del popolo e i sacerdoti hanno (in genere) rifiutato il messaggio di Gesù, molte persone del popolo invece lo hanno accolto. I Giudei, sempre parlando in generale, lo hanno rifiutato, molti pagani invece lo hanno accolto.

Questa parabola sembra indicare questa situazione, tipica del tempo di Gesù. Ma l’insegnamento del vangelo vale sempre e ovunque, e anche il rifiuto degli invitati a nozze è un esempio valido per tutti i tempi, tutti e luoghi e tutte le situazioni.

Consideriamo i motivi per cui gli invitati a nozze hanno rifiutato l’invito a cena: non sono motivi da poco, sono validi: curarsi degli affari, delle cose, della famiglia. Non sono scuse banali. Dove hanno sbagliato? Nel non capire cosa è davvero importante nella vita. Hanno sbagliato a non capire che nulla, nella vita, vale più di quell’invito a cena.

Noi sbagliamo non quando ci occupiamo seriamente delle nostre responsabilità (nel lavoro, nella famiglia, nella società), ma quando permettiamo che queste occupazioni monopolizzino il nostro tempo, le nostre attenzioni, le nostre energie. Il rischio è rincorrere queste cose, farsi prendere dall’affanno, dall’ansia, e perdere di vista l’invito a cena, cioè la gioia eterna per la quale siamo stati creati. L’unica cosa che davvero conta nella nostra vita.

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