Gesù entra trionfalmente a Gerusalemme: perché palme e asinello?

Gesù entra trionfalmente a Gerusalemme: perché palme e asinello?

L’ingresso di Gesù nella Città Santa è altamente significativo

La Domenica delle Palme è una delle solennità più suggestive dal punto di vista storico e teologico del panorama liturgico cristiano. Vediamo dunque di approfondire quelli che sono gli aspetti simbolici che riempiono di sostanza un evento che ricordiamo tutti gli anni e di cui ripetiamo i gesti.

Una delle tradizioni ebraiche più sentite è quella che vede l’utilizzo delle palme durante la Festa del Sukkot o Festa delle Capanne. Questa ricorrenza è vissuta con gioia dal popolo ebraico, non solo perché segna il periodo in cui inizia il raccolto dei frutti della terra (si svolge infatti in autunno iniziando dal 15 del mese di Tishrì, 5 giorni dopo il giorno dell’Espiazione, ovvero lo Yom Kippur), ma soprattutto perché celebra la fuga dall’Egitto, con l’episodio della separazione delle acque del Mar Rosso e l’inizio dei 40 anni di permanenza nel deserto e nelle capanne.

Durante il Sukkot è usanza agitare simbolicamente un mazzolino composto da tre rami, uno di palma, uno di mirto e uno di salice, a cui viene aggiunto un cedro. In questa occasione gli osservanti compiono un pellegrinaggio a Gerusalemme.

Agitare le palme è dunque una dimostrazione di grande gioia, e farlo in direzione di una persona vuol dire riconoscere ad essa segni di regalità. Ma questo gesto evoca qualcosa di ancora più incisivo: è l’espressione di gioia di chi riceve un qualsiasi dono importante, che possono essere i frutti della terra, ma anche l’avvento di un Re eterno. È la gioia del dono, e nello stesso tempo il dono della gioia.

Quando Gesù entrò in Gerusalemme, sapendo di andare incontro alla Passione, fu accolto come un Re, ovvero colui che avrebbe riscattato il popolo dalle sofferenze di questa terra e avrebbe ridato a ognuno la propria dignità. E in effetti questo avvenne, seppure non nelle modalità attese dagli Ebrei.

Per significare che la sua opera non sarebbe stata da equiparare a quella di un conquistatore o di un re inteso nelle accezioni terrene, Gesù scelse di fare il suo ingresso cavalcando un asinello. Un re conquistatore sarebbe entrato a cavallo, un mezzo di trasporto che lo avrebbe posto in alto rispetto a tutti, ben visibile nel suo trionfo e con un’immagine di dominanza.

La scelta dell’asinello, non solo lo ha posto all’altezza di chiunque, in piedi, lo avrebbe accolto, ma ha anche stimolato una percezione di umiltà e di servizio: Colui che «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce», come scrisse San Paolo nella sua lettera ai Filippesi.

L’asinello è un animale che viene citato spesso nella Bibbia. Dall’asinello scese veemente Acsa per rivendicare il suo ruolo, l’asinello portò la Santa Vergine guidata da San Giuseppe, fino a Bethlemme, e lo troviamo in molte altre occasioni significative. È l’asinello che ci porta dove Dio vuole.

Gesù non rifiutò l’accoglienza da Re, perché lo è («Tu lo hai detto»), ma non esita a cercare di farci comprendere in cosa consiste la vera regalità, soprattutto quella eterna, che è quella che gli compete.

Palme e asinello, sono dunque un po’ come lo furono l’oro, l’incenso e la mirra nei doni dei Magi: un modo divino per farci capire il grande mistero della Vita.

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